20 giugno, giovedì – Budva Russian
Ci prepariamo per il
trasferimento di circa 30
miglia che ci farà approdare a Budva, secondo scalo in
terra montenegrina. Sfiliamo lungo la costa disegnata dal profilo delle alte
montagne che sfiorano i 1700
metri.
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In vista di Budva |
Budva è una splendida baia
sabbiosa e per questo molto apprezzata dai bagnanti che numerosi vi convengono.
Al centro della baia, un po’ sulla destra, c’è un grosso isolotto con alcune
belle spiagge dedicato a San Nicola. Sulla sinistra, su un basso sperone
roccioso si erge il piccolo centro fortificato da mura di cinta, al cui interno
è l’antico nucleo di Budva. Poche stradine lastricate di pietra chiara, che si
intrecciano come la trama di un cesto di vimini, affacciate alle quali tante
piccole botteghe che propongono ognuna la propria mercanzia al folto popolo di
turisti. Inoltre una fortezza costruita nell’ottocento e chiamata Cittadella,
un duomo medioevale, un museo archeologico, e alcune tracce bene in vista di
mura di epoca antica creano armoniosamente un interessante contesto urbano.
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Le viuzze di Budva di notte |
All’esterno
della cinta difensiva la nuova città che anche qui, sfruttando spazi più ampi,
ha sempre lo stesso obiettivo, l’offerta turistica rivolta prevalentemente ai
russi, seguiti a notevole distanza da tedeschi e inglesi. Quello che ci ha
colpito profondamente è la vivacità della vita notturna: distese continue di
sedie, tavolini e ombrelloni, davanti a bar e ristoranti dove è quasi
impossibile trovare posto a sedere, e per lo più tutti presidiati da sventolone
di ragazze molto appariscenti a far da richiamo. Come sottofondo, musica da
discoteca pompata generosamente da batterie di casse amplificate.
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Budva night fever |
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All"esterno delle mura |
Difficile
restare indifferenti a tutto questo, anche perché le armi improprie di seduzione
delle ragazze erano zeppe calibro 12 centimetri, minigonne o leggings appena
accennati, busti eretti ed ubertosi, il tutto esibito con calcolata
ostentazione. E soprattutto tutte filiformi e slanciate – trovarne una fuori
standard è stata una mission impossible. Per evitare un altro Generale Inverno
Russo, di fronte a questo corpo d’armata sovietico così schierato, abbiamo
optato per una ritirata strategica. Ma prendere sonno in barca è stato poi
alquanto difficile.
21 - 22 giugno, venerdì e sabato
– Sailing to Kérkyra
Sono le cinque del mattino quando
il califfo ci tira giù dai sogni: “Mannaggia a te!” gli dico, “Stavo amichevolmente
parlando e senza problemi di lingua con una delle ragazze russe di ieri sera”.
L’ordine è perentorio, mollare
gli ormeggi subito e scalo tecnico presso la dogana e la capitaneria di Bar, a
circa 15 miglia,
e salutare definitivamente il Montenegro. “Che peccato!”
Il piano di navigazione è di
tenersi a circa 12 miglia
dalla costa albanese per poi puntare sulla costa nord orientale di Corfù. Un
salto di 170 miglia
nautiche, circa 314
chilometri, il che significa partire all’alba come
abbiamo fatto, ma soprattutto godersi un bel tramonto del sole nelle acque
dello Ionio e il sorgere della luna piena dalla costa albanese. In mezzo a
tanta bellezza Mauro smette gli abiti di cyberman e indossa quelli
dell’appassionato giovanotto colpito dal virus della fotografia. Tira fuori la
sua digitale iper tecnologica e inizia a scattare a raffica.
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Mauro photo maker |
Quanto mi rivedo
in lui, la stessa meravigliosa malattia presa tanti anni fa. Primo lavoro,
primo stipendio speso quasi per intero per la mia prima reflex, una Canon FTB.
Ricordo la prima sera passata insieme, nella mia stanza. Finalmente dopo un
lungo corteggiamento potevo tenerla stretta tra le mie mani: e fu subito amore,
di quello serio, che dura ormai da oltre quarant’anni.
“Ma che c..zo fai?” mi
urla Italo nelle orecchie, “Sei fuori rotta, non lo vedi?”, e io “Ok, scusa, mi
ero distratto un attimo!”
Per la notte organizziamo i turni
di guardia con lo scopo di evitare le navi traghetto e da crociera dirette o
provenienti quasi tutte da Corfù o Igoumenitsa, importante scalo della Grecia
continentale. Il primo turno fino alle due della notte tocca a Barbara, Sandro
e Mauro, a cui diamo il cambio con puntualità il califfo ed io. Intanto si
mette un bel vento sui venti nodi da nord est che ci gonfia la vela di prua
facendoci avanzare senza troppi problemi sul mare ormai formato, ma rischiarato
dalla luce della luna piena. Fa freddo e bisogna coprirsi adeguatamente. Ma
anche così “lo veleggiar m’è dolce in questo mar”. Incrociamo una diecina di
traghetti che, quando spuntano all’orizzonte, appaiono come un solo punto
luminoso che si fa sempre più grande, mentre cerchiamo di capirne la direzione.
Fino a quando ti passa vicino, rivelandosi per quello che è realmente: un
palazzo galleggiante lungo 100/150 metri, alto come un edificio di sette, otto
piani, per capire la differenza di volume che passa tra di noi, basta guardare
la loro più piccola scialuppa di salvataggio. Ebbene: quella siamo noi. Intanto
si è fatto chiaro e sulla nostra destra ci appare l’isola di Otoni: è quella di
un gruppo di tre isole situato più a nord di Corfù e della Grecia, nonché la
più vicina all’Italia.
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Welcome in Greece |
Ci avverte in pratica che tra qualche ora entreremo nel
porticciolo di Kassiopì, per trascorrere un giorno di meritato riposo.
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Ahimé si torna a casa... |
Fanno
eccezione il califfo ed il suo fido scudiero, già pronti per ripartire con bus
fino a Corfù, poi un primo traghetto fino a Igoumenitsa, e poi il traghetto per
Bari, seguito da treno o bus per Napoli, dove una amorevole vettura li
riporterà, distrutti, nella natia Pompei….Accidenti! Ora capisco perché durante
la notte di guardia passata insieme mi ha chiesto continuamente. “Che ora è?”
tanto che gli ho raccontato la battuta dei due carcerati: il primo chiede
ripetutamente al compagno di cella: “Che ora è? Che ora è?” Il secondo,
laconicamente gli risponde “Rassegnati, tanto ti hanno dato l’ergastolo!”.
Attracchiamo nel porticciolo di Kassiopì alle 11,00; Experience è ormeggiata
tranquillamente e con la prua sorridente sembra dire: “Ben ritrovata Grecia!”.