mercoledì 10 luglio 2013

2013 Da Zadar a Kérkyra – 9a parte

4 - 7 luglio, da giovedì a domenica - Arrivederci Corfù


Siamo già con le cinture allacciate sul volo FR 9425 della Ryanair che ci porterà da Corfù a Roma Ciampino. Il motore tenuto a basso regime consente al velivolo di posizionarsi lentamente sulla pista di decollo che è stata ricavata in uno dei posti più suggestivi dell'isola e forse di tutta la Grecia, tanto da diventarne un simbolo insieme al Partenone di Atene. Maestoso e imponente quest'ultimo, piccolo e modesto nelle misure l'altro.
Monastero di Vlacherna con alle spalle l'isolotto di Pontikonisi
Si tratta del monastero della Madonna di Vlacherna, fatto di muri imbiancati a calce e tetti di tegole a spiovente. Il tutto posizionato nel XVII secolo su una minuscola isoletta che appena lo contiene. 
Cortile interno del Monastero di Vlacherna
E' collegato con la terraferma solo da uno stretto pontile che permette a migliaia di fedeli e di turisti, noi compresi, di visitarlo.
Cappella del Monastero di Vlacherna
A cinquecento metri di distanza, un'altra isoletta, quella di Pontikonisi, altrettanto famosa perchè si narra che questa non sia altro che la nave di Ulisse trasformata in isola dall'ira di Poseidone. Su quest'ultima sorge un altro importante monastero del XIII secolo dedicato al Pantocratore. Una improvvisa accelerata del motore ci schiaccia verso lo schienale, l'aereo inizia a correre sulla pista sempre più velocemente. Mi ricorda la velocità delle mani del cantante e musicista Niko Rentzos, accompagnato alla chitarra da Tasos Mandulas. http://www.musicwave.gr/RENTZOS/



Una velocità e una precisione di esecuzione impressionanti specie per Nikos, che andava a cercare tutte le note giuste sparse sulle corde dalla lunga tastiera sul suo Bouzouki, fino a far decollare la melodia e poi la frenesia della danza di Zorba, vero inno alla gioia di vivere e alla libertà. Tutto questo da Giorgio's, una delle tante taverne a quattro passi dal porto di Gouvia, in cui siamo stati ieri sera per una cena a base di gyros e di moussaka. 


Peccato non aver trovato un CD con le sue incisioni musicali, quello sì che sarebbe stato un perfetto souvenir. È stato spontaneo per me alla fine della serata avvicinarmi a Nikos e fargli i complimenti per le sua musica e la sua bravura. Ha ricambiato subito a suo modo, dedicandoci a sua volta una bella canzone di Sergio Endrigo, Canzone per te, suonata con il suo bouzouki.  Per me è stato sinceramente emozionante!
L'improvviso vuoto allo stomaco ci avvisa che ci siamo staccati dalla pista e voliamo verso l'alto con il nostro bagaglio a mano riempito di "experience", vissute tra mare e isole, tra folclore popolare e sentita religiosità, un viaggio tra le città d'arte  iniziato in Croazia con Spalato, Zara, Trogir,  Korcula, Dubrovnik, e proseguito con Budva in Montenegro, per terminare infine a Corfù con l'approdo al porto di Mandraki, ai piedi della vecchia fortezza che domina tutta la città e ne è parte sostanziale con il Conservatorio dove alimentare la vocazione dei corfioti per questa arte.

Cannone a difesa della Vecchia Fortezza di Corfù
Marina di Mandraki con alle spalle il Conservatorio e la Vecchia Fortezza
Concerto tra le mura della Fortezza a pochi passi dal Conservatorio
Ed infine l'arrivo al Marina di Gouvia per la sosta invernale di Experience con un'accoglienza non troppo calorosa...

Prove generali d'inverno a Gouvia...

I carrelli dell'aereo sono stati appena fatti rientrare nei loro alloggiamenti, mentre l'aereo si inclina di qualche grado per iniziare una virata (anche tra le nuvole si chiama così) e prendere la sua giusta rotta verso Roma. Dall'oblò per un attimo vedo Corfù dall'alto con i suoi porti, la sua enorme piazza "Esplanada", il reticolo del centro storico, le grandi navi da crociera ormeggiate mentre i loro passeggeri sciamano tra negozi di spugne e dei più svariati souvenirs.




L'aereo è ormai in rotta è punta decisamente verso l'Italia, sotto di noi sfilano gli ultimi chilometri della costa settentrionale della felice "Isola dei Feaci", poi l'ultimo avamposto della Grecia, la mia Othonì con il suo mare ancora cristallino.  Non mi resta altro che dire: "Arrivederci Corfù, arrivederci Grecia".  Un pensiero finale va al nostro blog "Lo veleggiar m'è dolce...", che termina per ora il suo viaggio. Per Barbara, Sandro e il sottoscritto è stato un impegno in alcuni momenti faticoso, ma ci è stato di stimolo sapere che c'era chi ci seguiva con simpatia. Arrivederci allora anche a voi. E' stato un piacere per noi farlo e poterlo condividere con Voi, insieme alla canzone che  l'altra sera Nikos ci ha dedicato:
https://www.youtube.com/watch?NR=1&feature=endscreen&v=Qljrq6ophkI
Ed

giovedì 4 luglio 2013

2013 Da Zadar a Kérkyra – 8a parte



1 - 2 luglio, lunedì e martedì - Othonì e dintorni.

Sistemata Experience al nuovo pontile, la notte passa tranquilla e senza sballottamenti. Il capitano e il suo secondo sono impicciati in alcuni lavoretti di manutenzione, io ho buone possibilità di sbarcare e fare quello che mi pare. Othonì, un’isoletta a nord ovest di Corfù lambita nella navigazione dell’anno scorso, continua a frullarmi nella testa e non riesco a capire da dove parte il traghetto per raggiungerla. Su una guida si parla di Sidari, centro sulla costa nord occidentale di Corfù, e allora perchè non andare a darci un’occhiata? Addirittura in moto, visto che oggi è a disposizione dell’equipaggio (grazie, Califfo!).

Sidari e la sua costa
Bella la giornata di sole, bello il paesaggio che sembra un ibrido tra il Cilento e la Toscana. L’interno conserva le connotazioni di un paesaggio rurale, diversa la musica sulla fascia costiera con una massiccia presenza di strutture ricettive con qualche esagerazione di troppo. Sidari è l’esempio calzante di quanto detto: si è costruito anche a strapiombo sul mare con alberghi e piscine a 50 metri dal bagnasciuga.


 Comunque di battelli nemmeno l’ombra, il porto si è insabbiato e il traghetto rimasto serve solo un’altra isoletta, Erikoussa, come mi viene indicato in agenzia dal raffinato Philip. Non mi arrendo e mi dirigo verso un’altra zona che potrebbe avere uno scalo portuale adatto. Per questo mi sposto più a ovest, verso la baia di Agios Stephanos. Attraverso paesini formati da poche case e distese di uliveti.
La baia di Agios Sthephanos
La baia verso ovest con le isole Diapontia all'orizzonte
La baia mi si presenta all’improvviso in tutta la sua bellezza: è larghissima, sabbiosa, con fondali bassi, adatta alle famiglie ed alle due estremità presenta modesti rilievi montuosi. Anche qui di porto e traghetto nemmeno a parlarne. È ormai pomeriggio e così decido di rientrare a Gouvia ma prima di rinunciare definitivamente decido per un ultimo tentativo, andare al porto di Corfù e chiedere in capitaneria: almeno loro ne sapranno qualcosa.


È così che riesco a ottenere finalmente l’informazione desiderata, il traghetto c’è, è l’Alexandros e parte l’indomani mattina alle 6:30 non lontano dallo stesso ufficio dove mi trovo. Othonì preparati che sto per arrivare! Il capitano, messo al corrente della mia intenzione di andare a Otonì, decide di darmi uno strappo fino al porto con la moto. L’anziana motonave Alexandros è già pronta per la partenza quando io arrivo. Imbarca di tutto: dal vino al ferro, dalle piante ornamentali e persino una capra impaurita e legata ad una bitta di ormeggio. Ovviamente anche una trentina di passeggeri che si accomodano sul ponte sparsi sulle file di poltroncine rosse ancora bagnate dalla brina notturna. Fa freddo e rimpiango di non aver messo il mio jeans.

Poltroncine in coperta
La nave effettua tutti e tre gli scali previsti presso le isole Diapontia che dipendono quasi esclusivamente da questo collegamento nemmeno giornaliero. Le prime due, Matriaki e Erikoussa, sono poco abitate e lo dimostra la grandezza del molo di attracco. Un poco più grande è quello di Othonì, inserito in una bella baia dove di solito sostano alla fonda le barche provenienti dall’Italia, specie dalla Puglia.
Sbarco a Erikoussa con caprone in attesa ( a sx.)
Dopo aver assistito ai due concitati sbarchi e imbarchi alle isole precedenti (la capra scende a Erikouossa, ad attenderla un vecchio pastore accompagnato da un esuberante caprone che senza nemmeno dire “Kalimera” saluta subito la nuova arrivata a suon di cornate: se il buongiorno si vede dal mattino…)  arrivo finalmente a Othonì alle 11:30.

Trasparenze nel porto di Othonì
L’isola non è certo un posto adatto per la vita mondana, ma offre spettacolari spiagge grazie al tipo di sabbia di cui sono composte e numerosi sentieri per lunghe passeggiate tra alberi e casette di montagna. Da non trascurare l’offerta di alloggi e taverne. In comune le tre isolette mettono a disposizione dei visitatori un’acqua veramente cristallina. Il paradosso è che Othonì è l’isola più vicina all’Italia (solo 45 M.N. da Otranto) ma è la più difficile da raggiungere. Da Bari a Igoumenitza con la nave, poi a Corfù con il traghetto e infine con l’Alexander tre volte a settimana , se il tempo è buono, altrimenti “nisba”.

L'Alexsander attracca ad Othonì
Cinque minuti dopo sono seduto al bar del paesino con un italiano di Otranto, un greco che parla bene italiano e il corpulento pope del paese che dopo pochi minuti si incavola perché sente parlare troppo in italiano e cambia tavolo. Mi sistemo in alloggio e il pomeriggio passa in fretta. È ormai sera, mi siedo sul mio terrazzino che affaccia sul mare e mi godo il cielo stellato. La baia calma è illuminata solo dalle luci di fonda delle barche alla fonda. Decido di fumarmi una sigaretta anche se sono un non fumatore. Resto così nel silenzio a contare le tante stelle e le persone che passano nella stradina sottostante. Arrivo a tre, senza tralasciare un cane e due gatti.


  3 luglio, mercoledì - Un sentiero per il paradiso

Massimo e la Locanda dei sogni
Massimo è il titolare della “Locanda dei sogni” dove ieri ho cenato, e tra un secondo e un contorno, sollecitato da una mia precisa domanda a riguardo, mi parla dei diversi sentieri che si possono percorrere sull’isola.
Negli ultimi tempi tra me e la mia memoria i rapporti si sono alquanto complicati, perciò inizio il mio sentiero avendo a mente le prime due indicazioni, nutrendo qualche dubbio sulla terza e conservando solo vaghe tracce  delle successive.
Parto in quarta con le mie scarpe da trekking mai comprate, avendo infatti ai piedi i miei infradito che tra loro parlano cinese stretto.
L'inizio del sentiero

Ovviamente, il coltellino multiuso molto utile in queste occasioni l’ho lasciato in borsa in camera. Con me ho solo lo zainetto di plastica, quello che si mette legato alle spalle dai due laccetti, con dentro un asciugamano, una bottiglina di acqua e qualche cosa da mangiare comprata in una bottega come quelle di un tempo. Fortunatamente ho con me il mio cellulare che userò come fotocamera, avendo la batteria di quella ufficiale deciso di entrare in sciopero da quando sono sbarcato. È superfluo chiedere  dove sia il suo carica batterie. Diciamo che ha preferito restare a Corfù.  

Inizio il sentiero dopo i due tornanti della carrozzabile come da istruzioni, poi è un susseguirsi di viottoli in terra battuta in alcuni casi lastricati da pietre. Penso alla fatica bestiale che  è occorsa per fare un lavoro simile. Affronto qualche passaggio pericoloso a causa di una frana che si è mangiata parte del camminamento. Certo è che se mi succede un incidente sono messo proprio male. Sono solo, non c’è nessuno nei paraggi salvo qualche farfalla che mi tiene compagnia. La stradina sale e il caldo si fa sentire.

Sentiero franato
Qualche titubanza su uno degli ultimi bivi da scegliere, destra o sinistra, vado a istinto e mi va bene, così riaggancio la carrozzabile e alzando lo sguardo vedo la punta del campanile che svetta dalla cima degli alberi. Mi ricordo dell’indicazione di Massimo: “ Vedi che c’è una chiesetta con intorno un terrazzo da cui si gode di una vista incredibile.” Ci arrivo facilmente. Tutto vero, come testimoniano le foto. Come premio per la meta raggiunta mi concedo un riposino dopo una camminata di un’ora e trenta fatta quasi tutta d’un fiato e consumo la mia frugale merenda a base di pane fresco e olive nere greche in salamoia.


Dal sentiero, sullo sfondo la costa nord di Corfù
 Dall’alto mi godo il paesaggio stupendo che si concede a tutto tondo. La vista spazia dalla costa albanese a quella settentrionale dell’isola di Corfù. Più vicine, quasi si toccano le due isole di Matriaki e di Erikoussa. Verso ovest, ma non visibile per la distanza che ci separa, c’è la costa leccese di Leuca e di Otranto.

Il cimitero di Othonì con la sua chiesa e il campanile
Il posto mi ispira, c’è una sedia, un appoggio discreto e penso di buttare giù qualche appunto per il blog, per il piacere di farlo e di poterlo poi condividere con chi ci leggerà. È così che mi metto a scrivere queste noterelle, c’è un silenzio totale, solo un leggero vento smuove le foglie degli alberi, che si carezzano tra di loro. Davanti a me le croci in pietra del piccolo cimitero semplici come il pane e le olive che ho mangiato, semplici sicuramente come saranno state le vostre vite su quest’isola spese a raccogliere olive e a lastricare di pietre le mulattiere che dal monte portano al mare.
 E mi chiedo: “Se non si è aperto a Voi il Paradiso, chissà mai a chi si aprirà. Di certo ci siete molto vicino su questa irta terrazza, tra pietre e ulivi ben familiari e che ancora vegliano intorno a Voi”.
La veglia degli ulivi
                                           

domenica 30 giugno 2013

2013 Da Zadar a Kérkyra – 7a parte



23 giugno, domenica – Kassiopi
Turisti a Kassiopi
Sì, è vero che il mattino ha l’oro in bocca. Anzi, aggiungerei, anche nelle gambe! Ritemprato da un buon sonno, mi viene voglia di fare quattro passi tra le rovine del Castello Bizantino che sovrasta il golfo, la banchina dove siamo ormeggiati e la graziosa cittadina di Kassiopi. Di questa roccaforte attualmente è rimasto in piedi solo il muraglione perimetrale la cui lunghezza totale non supera il chilometro. Tra queste mura e con alterna fortuna trovavano rifugio gli abitanti dalla zona per difendersi sia dalle invasioni delle tribù barbare sia dalle mire espansionistiche dei Goti, dei Normanni e della Serenissima Venezia. L’interno risulta un po’ trascurato anche perché rigogliosa è la vegetazione spontanea, salvo qualche centenario esemplare di ulivo.
Sono appena le 6 e 30 del mattino e sono ovviamente l’unico visitatore. Cammino lentamente tra l’erba alta, su un piccolo tracciato formato dal calpestio di altri visitatori. Unica compagnia: un grande silenzio in un’atmosfera suggestiva che mi fa vagare indietro nel tempo. Penso alla paura delle persone assediate dagli invasori, alle donne e ai bambini la cui speranza di vita era affidata solo alla protezione di quelle mura possenti e al capriccio del destino. Ogni tanto mi arrampico su qualche masso dirupato, respiro profondamente la brezza del mattino e mi riempio gli occhi del blu luminoso e trasparente di questo mare.

Dall'alto del Castello
Esco un po’ turbato da quelle antiche mura e mi incammino verso il paesino che si sta risvegliando dal torpore della notte. Mi soffermo a guardare vecchie foto del piccolissimo villaggio di pescatori che un tempo era Kassiopi. Queste sono esposte e pronte per la vendita davanti ad un fornito market. Colpito dalla mia interessata curiosità, si affaccia sulla soglia il proprietario. Un anziano dai capelli bianchi e stirati all’indietro che porta bene i suoi tanti anni. Mi sorride e mi parla, in un buon italiano, delle differenze tra il porto di allora e quello di oggi, facendomi notare di quanto il mare si sia ritirato. Mi parla inoltre di un episodio di quando era un ragazzino di appena 12 anni. Riguarda i numerosi soldati italiani che erano sull’isola con gli alleati tedeschi al tempo del cambio di comando avvenuto in Italia con la sfiducia a Mussolini da parte del Gran Consiglio e della successiva caduta del fascismo. Proprio a Corfù c’era un grosso contingente militare italiano che si trovò a dover combattere contro gli ex alleati tedeschi, aiutato in questo dai partigiani comunisti dell’isola.
Un episodio ripetuto nei modi e nei tempi nella non lontana Cefalonia, dove si ebbero da parte italiana più di ottomila morti riportati dalla nostra storia come l’eccidio di Cefalonia, una delle pagine più amare dell’ultima guerra.
Saluto il mio vecchio amico con una stretta di mano e un sorriso molto amaro.


24 - 25 giugno, lunedì e martedì – Sivota o Mourtos!
Ci avviciniamo sempre più alla nostra meta finale, ma dobbiamo aspettare ancora qualche giorno per sistemare la pratica dell’ormeggio di Experience. Niente di meglio che costeggiare Kérkyra e approdare sulla costa continentale. Muortos è un paesino moderno nato dalle richieste del mercato turistico. Niente da spartire con il tipico paesaggio delle Cicladi o delle Sporadi, ma in compenso la zona è ben collegata, ha belle e numerose spiagge e tre isolette distanti dalla terraferma poche centinaia di metri.
Alba nel porticciolo di Mourtos
Lonely bay
Lonely beach
 Le tre isole, nisis in greco, si chiamano N. Sivota, N. Mauros, e l’immancabile N. Ay Nikolas. Sulla terraferma sorge l’ex villaggio di pescatori Muortos, che di sera non è per niente muortos in quanto chiama a raccolta i vacanzieri e i residenti del circondario. Noi optiamo per una tranquilla notte in rada, protetti dalle tre isole che ci riparano dal vento e dalle onde.
Alla fonda a N. Sivota

Uh maro', arrivano i pirati!
Con il tender si scende a terra per la spesa e tra le cose acquistate una bottiglia di Ouzo Barbayanni, il tipico liquore greco all’anice che avrà il compito di correggere il rituale caffè pomeridiano e di chiudere tutte le nostre prossime serate. Un po’ come faceva la Rai in bianco e nero di una volta, verso mezzanotte, una rete che scendeva sul mappamondo e tutti gli adulti a letto. Per i bambini e i ragazzetti ci aveva già pensato l’immancabile carosello.
Nella mattinata successiva, una incursione a terra del nostro Captain ci allerta sulla possibilità di trovare posto in banchina. Dieci minuti dopo siamo a regolare le barbette che ci tengono già legati al pontile mentre Barbara, sempre più anchor woman ufficiale, sistema l’ancora a prua talmente bene che ci vorrà l’intervento del Captain in versione sub per sfilarla dalla catenaria dove si era incastrata. Bella la vita in rada ma ci vuole anche il resto. Telefono per sentire casa, wifi per il blog, qualche bar per una bella birra fredda. Mi faccio i soliti due passi e in una stradina secondaria di Mourtos vedo un bar con l’insegna “Caffe Mauro”: “Quasi quasi mi sparo un espresso!”
“Kalimera”, dico alla finta bionda al banco. “Please, one coffee.” Lo bevo con gusto, niente male. “How much?” “Two euro, mister.” “Two euro per ONE coffee!” (Tra me: “Ma li mourtos c’ha tin’ tu e memmeta, manco in piazzetta a Capri!”)
Tra una lettura, un bagnetto e un riposino, si fa subito sera. Il Captain decide di cenare fuori e per evitare altre sorprese decidiamo di ritornare da una vecchia conoscenza provata l’anno scorso. Si chiama: Tradicional Taverna – Steak House. Chiediamo se c’è disponibilità per una presa elettrica per il note book e se c’è le rete wifi. Nonostante la sala sia già affollata, la risposta è affermativa.
Dimitri ci mette a disposizione un tavolo da sei posti un po’ defilato per non essere disturbati e cenare in santa pace. Scegliamo tre diverse pietanze di carne: pollo, misto carne e per me agnello al cartoccio, che definire favoloso è poco. Il tutto accompagnato da verdure al forno innaffiate doverosamente da un boccale di Mithos. Chiedo al gentile Dimitri di posare per me per una foto per il blog. Ne è sorpreso e compiaciuto e poco dopo di sua iniziativa ci porta un’altra Mithos e un assaggio di dolcino.
Dimitri
La taberna di Dimitri
Siamo sazi e il blog è stato pubblicato. Sbaracchiamo la postazione e chiediamo il conto. Incredibile: 12,00 € a testa! La palma di migliore ristorante incontrato andrà sicuramente a questa taverna per qualità, cortesia e prezzo. Salutiamo e confidiamo nel detto: Non c’è due senza tre. Cià Dimi'
Una dritta per gli amici!


mercoledì 26 giugno 2013

2013 Da Zadar a Kérkyra – 6a parte



20 giugno, giovedì – Budva Russian
Ci prepariamo per il trasferimento di circa 30 miglia che ci farà approdare a Budva, secondo scalo in terra montenegrina. Sfiliamo lungo la costa disegnata dal profilo delle alte montagne che sfiorano i 1700 metri.


In vista di Budva
 Budva è una splendida baia sabbiosa e per questo molto apprezzata dai bagnanti che numerosi vi convengono. Al centro della baia, un po’ sulla destra, c’è un grosso isolotto con alcune belle spiagge dedicato a San Nicola. Sulla sinistra, su un basso sperone roccioso si erge il piccolo centro fortificato da mura di cinta, al cui interno è l’antico nucleo di Budva. Poche stradine lastricate di pietra chiara, che si intrecciano come la trama di un cesto di vimini, affacciate alle quali tante piccole botteghe che propongono ognuna la propria mercanzia al folto popolo di turisti. Inoltre una fortezza costruita nell’ottocento e chiamata Cittadella, un duomo medioevale, un museo archeologico, e alcune tracce bene in vista di mura di epoca antica creano armoniosamente un interessante contesto urbano.

Le viuzze di Budva di notte
All’esterno della cinta difensiva la nuova città che anche qui, sfruttando spazi più ampi, ha sempre lo stesso obiettivo, l’offerta turistica rivolta prevalentemente ai russi, seguiti a notevole distanza da tedeschi e inglesi. Quello che ci ha colpito profondamente è la vivacità della vita notturna: distese continue di sedie, tavolini e ombrelloni, davanti a bar e ristoranti dove è quasi impossibile trovare posto a sedere, e per lo più tutti presidiati da sventolone di ragazze molto appariscenti a far da richiamo. Come sottofondo, musica da discoteca pompata generosamente da batterie di casse amplificate.
Budva night fever
All"esterno delle mura
Difficile restare indifferenti a tutto questo, anche perché le armi improprie di seduzione delle ragazze erano zeppe calibro 12 centimetri, minigonne o leggings appena accennati, busti eretti ed ubertosi, il tutto esibito con calcolata ostentazione. E soprattutto tutte filiformi e slanciate – trovarne una fuori standard è stata una mission impossible. Per evitare un altro Generale Inverno Russo, di fronte a questo corpo d’armata sovietico così schierato, abbiamo optato per una ritirata strategica. Ma prendere sonno in barca è stato poi alquanto difficile.

21 - 22 giugno, venerdì e sabato – Sailing to Kérkyra
Sono le cinque del mattino quando il califfo ci tira giù dai sogni: “Mannaggia a te!” gli dico, “Stavo amichevolmente parlando e senza problemi di lingua con una delle ragazze russe di ieri sera”.
L’ordine è perentorio, mollare gli ormeggi subito e scalo tecnico presso la dogana e la capitaneria di Bar, a circa 15 miglia, e salutare definitivamente il Montenegro. “Che peccato!”
Il piano di navigazione è di tenersi a circa 12 miglia dalla costa albanese per poi puntare sulla costa nord orientale di Corfù. Un salto di 170 miglia nautiche, circa 314 chilometri, il che significa partire all’alba come abbiamo fatto, ma soprattutto godersi un bel tramonto del sole nelle acque dello Ionio e il sorgere della luna piena dalla costa albanese. In mezzo a tanta bellezza Mauro smette gli abiti di cyberman e indossa quelli dell’appassionato giovanotto colpito dal virus della fotografia. Tira fuori la sua digitale iper tecnologica e inizia a scattare a raffica.

Mauro photo maker

Quanto mi rivedo in lui, la stessa meravigliosa malattia presa tanti anni fa. Primo lavoro, primo stipendio speso quasi per intero per la mia prima reflex, una Canon FTB. Ricordo la prima sera passata insieme, nella mia stanza. Finalmente dopo un lungo corteggiamento potevo tenerla stretta tra le mie mani: e fu subito amore, di quello serio, che dura ormai da oltre quarant’anni. 


 “Ma che c..zo fai?” mi urla Italo nelle orecchie, “Sei fuori rotta, non lo vedi?”, e io “Ok, scusa, mi ero distratto un attimo!”
Per la notte organizziamo i turni di guardia con lo scopo di evitare le navi traghetto e da crociera dirette o provenienti quasi tutte da Corfù o Igoumenitsa, importante scalo della Grecia continentale. Il primo turno fino alle due della notte tocca a Barbara, Sandro e Mauro, a cui diamo il cambio con puntualità il califfo ed io. Intanto si mette un bel vento sui venti nodi da nord est che ci gonfia la vela di prua facendoci avanzare senza troppi problemi sul mare ormai formato, ma rischiarato dalla luce della luna piena. Fa freddo e bisogna coprirsi adeguatamente. Ma anche così “lo veleggiar m’è dolce in questo mar”. Incrociamo una diecina di traghetti che, quando spuntano all’orizzonte, appaiono come un solo punto luminoso che si fa sempre più grande, mentre cerchiamo di capirne la direzione. Fino a quando ti passa vicino, rivelandosi per quello che è realmente: un palazzo galleggiante lungo 100/150 metri, alto come un edificio di sette, otto piani, per capire la differenza di volume che passa tra di noi, basta guardare la loro più piccola scialuppa di salvataggio. Ebbene: quella siamo noi. Intanto si è fatto chiaro e sulla nostra destra ci appare l’isola di Otoni: è quella di un gruppo di tre isole situato più a nord di Corfù e della Grecia, nonché la più vicina all’Italia.
Welcome in Greece
 Ci avverte in pratica che tra qualche ora entreremo nel porticciolo di Kassiopì, per trascorrere un giorno di meritato riposo.
Ahimé si torna a casa...
Fanno eccezione il califfo ed il suo fido scudiero, già pronti per ripartire con bus fino a Corfù, poi un primo traghetto fino a Igoumenitsa, e poi il traghetto per Bari, seguito da treno o bus per Napoli, dove una amorevole vettura li riporterà, distrutti, nella natia Pompei….Accidenti! Ora capisco perché durante la notte di guardia passata insieme mi ha chiesto continuamente. “Che ora è?” tanto che gli ho raccontato la battuta dei due carcerati: il primo chiede ripetutamente al compagno di cella: “Che ora è? Che ora è?” Il secondo, laconicamente gli risponde “Rassegnati, tanto ti hanno dato l’ergastolo!”. 
Attracchiamo nel porticciolo di Kassiopì alle 11,00; Experience è ormeggiata tranquillamente e con la prua sorridente sembra dire: “Ben ritrovata Grecia!”.